Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
240 |
Sedette negligentemente e prese un giornale.
— Che avete dunque quest’oggi? gli domandò.
Il principe sentì l’agguato in questo attacco; invece di rispondere venne a sedersele vicino, ma entrando così nel raggio della sua bellezza tutta la sua risoluzione si sciolse. Non gli rimaneva più che un’idea limpida ed irresistibile, la necessità di un’ultima spiegazione con Tatiana, però ella stessa evidentemente vi si era preparata.
— Quando vorrete partire per Pietroburgo? le chiese scioccamente, non sapendo come incominciare.
— Ma, non lo so; l’inverno non è che a mezzo, avremo sempre tempo di arrivare agli ultimi balli. Resterete ancora al castello?
— Aspetto i vostri ordini.
— Sapete pure che per voi non posso averne, amico mio, e la sua voce era dolce come nei momenti più buoni della loro pace.
Egli ne provò un’immensa amarezza.
— Non vorrete averne mai per me?
Tatiana meravigliata gli rispose con un sorriso. Allora il principe proruppe: s’accorgeva di perdersi, ma la passione lo trascinava.
— Perchè finalmente? esclamò. Io vi ho amata sino dal primo giorno, come nessuno potrà mai amarvi; voi siete sempre rimasta egualmente insensibile, quasi fra noi vi fosse uno di quegli abissi, che solo il delitto può scavare. Nessuna grandezza d’animo basta dunque per trovare grazia ai vostri occhi?