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nella notte; finalmente l’inverno, candido, gelido, uniforme, col silenzio di ogni attività, ricacciava tutta la gente nelle isole, costringendola a rannicchiarsi in sè medesima e a perdere col ricordo dell’ultima estate anche la speranza della futura primavera.
Nella Russia il vero Czar, il tiranno, era l’inverno, che vi arrestava la vita rallentando la storia.
Loris si tolse dalla finestra, udendo battere alla porta. Era un servo, che veniva a pregarlo da parte del principe di passare nel gabinetto della principessa.
Loris sorprese il primo sguardo di Tatiana, che lo spiava ansiosamente.
— Avete avuto torto di non accompagnarci, disse il principe con allegria forzata: ci avreste tenuto caldo solo colla vostra presenza.
Ma il calore del gabinetto era quasi insopportabile, Loris ne fece l’osservazione.
Tatiana sembrava di buon umore.
Si mise al pianoforte e suonò un valtzer di Chopin. Era una di quelle fantasticherie piene di singulti e di appelli, che il grande infermo aveva ritmato sul tempo di un ballo quasi per schernirne dolorosamente l’idealità; e vi si sentiva una angoscia profonda, mentre alcune frasi luminose vi si increspavano sopra, come acque lucenti di un gorgo, nel quale molti fossero periti. Tatiana suonava mollemente.