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diversa da ogni altra; l’umanità in tutti i tempi aveva imposto ad alcuni individui di non amare, perchè potessero concedere tutti sè medesimi ad un’idea. Il monachismo, comune a tutte le religioni, non aveva altre origini ed altro ufficio. Egli non amerebbe quindi ora, che stava per cominciare una guerra civile senza pietà e forse senza fine.
La sera era già calata. Dagli alti vetri si travedeva ancora la campagna in una nebbia malinconica, alcune isbe fumavano. A quell’ora tutti nel villaggio erano raccolti intorno alle immense stufe per la veglia; le sacre iconi sogguardavano dall’alto alla tremula fiammella di un lumicino, acceso sui loro piedi; la gente andava e veniva nella penombra, gli angoli dei vasti stanzoni si perdevano nel buio. Tutti quei poveri, felici nella loro abbiettezza, s’amavano spesso promiscuamente, trovando l’amore nell’irritazione della fame o nel gorgoglio dell’ebbrezza.
Loris guardava dalla finestra. Egli conosceva quelle isbe, che sognava di trasformare in casematte. La neve s’allontanava nell’infinito della sera, sotto il cielo plumbeo, bianca e fredda senza una macchia. Così per duecento giorni, in tutti gli inverni; quindi la primavera scoppiava improvvisa come un petardo, poi l’estate avvampava come un incendio e non molto più lungo, e da capo l’autunno coi presentimenti lividi dell’inverno, e i giorni che sembrano cadere anzi tempo