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gettata per disperazione nelle braccia del principe, facendole indarno sognare l’impero sullo Czar come un compenso al proprio cuore ammalato. E Loris, superbo in quell’eleganza signorile, che per lei era una condizione essenziale, stava presso il principe, piccolo e giallo come Topine. Una nausea le salì dal fondo della coscienza a quel ricordo, che le tornava sempre, ad ogni minuto di quella malattia inguaribile, colla quale Loris si era impadronito di lei.

Egli solo avrebbe ora potuto salvarla.

Improvvisamente non potè reggere alla sua presenza. Aveva bisogno di essere sola per rivedere Loris ed avvicinarglisi maggiormente, perchè il suo contegno verso di lei non le permetteva di avanzare.

Ma sotto le sue parole dure, attraverso quelle teoriche disperanti, per le quali passavano come dei soffi polari, aveva ritrovato Loris fanciullo, quando l’amava nell’ingenuità della propria primavera, prima che il principe Kovanski, spezzandolo brutalmente con due colpi di scudiscio, lo gettasse lungi dal castello dei loro giuochi nell’ignoto della vita, ove l’aveva creduto per sempre perduto.

S’alzò.

La sua faccia bianca pareva brillare di una luce interna come una lampada di alabastro.

— Vuoi ritirarti? le chiese premurosamente il principe afferrandole la mano sinistra.