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tutto quel nero, e un grosso brillante le sfolgorava all’anulare della mano destra, lunga, sottile e bianca.

Accettò la presentazione di Loris senza notare la falsità del suo cognome; quindi sedette invitandoli col gesto. Il tavolo era rotondo. Loris le stava quasi di fronte, per qualche momento la conversazione non fu possibile. Malgrado la propria freddezza Loris non poteva a meno di trasalire guardando il volto bianco di Tatiana, che si dorava ai riverberi dei capelli, mentre negli occhi ingranditi dalla malattia le tremolava un dolore indefinibile. Con quell’abito nero, sotto al quale il seno piuttosto basso, forse libero da ogni busto, le disegnava una curva molle, resa più voluttuosa dagli angoli acuti delle spalle, pareva anche più magra. Le maniche strette le modellavano le braccia esili, animate tratto tratto dalla nervosità delle mani.

Stava seduta rigidamente, colla testa inclinata a sinistra.

Il principe la serviva con attenzioni affettuose di padrino.

Ella guardava Loris, ma questi, deciso a non parlare pel primo, affettava il contegno riservato di un gentiluomo alla tavola rotonda di un grande albergo.

Finalmente il principe potè annodare la conversazione sui soliti nonnulla. Parlarono di Mosca, di Pietroburgo, della vita russa in campagna, di tutte quelle notizie volgari, che riempiono i giornali e i salotti delle signore.