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Una sera d’estate il principe, tornato improvvisamente, entrò nelle sue stanze e la sorprese, sola alla finestra, immersa in un raggio di luna. Tatiana, oramai rimessa, era diventata più bella. La notte era piena di soffi e di aromi.

— Ebbene, mia cara, le disse dopo averla baciata in fronte, sedendole vicino e prendendole risolutamente una mano nelle mani: sei contenta della tua vedovanza?

Ella si levò bruscamente, l’altro credendo di averla offesa scostò la sedia. Tatiana si rimise alla finestra, ma si volse poco dopo. Anche lei aveva presa una risoluzione.

— Sedete, gli disse con accento grave.

La sua voce tremava.

— Voi volete che io sia vostra moglie.

— Non lo siete forse?

Ella l’interruppe.

— Pensateci prima... Certamente ho avuto torto verso di voi; non avrei dovuto sposarvi. È inutile rinfacciarmelo, perchè non ne ho bisogno per pentirmene. No, no... non interpretate così le mie parole, esclamò ad un suo gesto: non è di voi che mi pento, ma di me. Voi avevate diritto ad un’altra donna. Ora il male è fatto.

Ella si torse sulla sedia verso di lui, che la guardava immobile, e seguitò:

— Ma tutto è ancora riparabile. Voi potete divorziare; sono pronta ad accettare tutti i pretesti che si converranno, perchè sono io che ho torto.