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tissimo di accompagnarla a Pietroburgo, malgrado tutti i vecchi giuramenti di non rivedere più la grande capitale. Egli sperava che il mondo guarirebbe Tatiana di quella ipocondria incomprensibile, sentendosi egli stesso molto invecchiato, mentre madama d’Aubrivilliers invece pareva sempre la stessa, sebbene non occupandosi più di Tatiana. Quindi si era fatta prendere da molte piccole manie, annusava tabacco e coltivava i cagnolini: poi guadagnando sempre più autorità nella casa cominciava ad assumere arie di padrona, esigendo la più meticolosa pulizia nell’appartamento. Oramai tutta la sua attività si consumava nel sorvegliare la spolveratura dei mobili e la compitezza dell’arredo, così che una macchia o un ragnatelo le avrebbero dato il senso di una rovina.

A Pietroburgo Tatiana dovette riannodare almeno le più alte relazioni della propria famiglia. Il suo nome, la sua gioventù, la sua bellezza e sopratutto l’immenso patrimonio le attirarono ogni sorta di corteggiamenti; il suo spirito un po’ selvatico parve originalità, la sua malinconia una tendenza sentimentale. Ma considerandosi dopo quella degradazione come morta al mondo, ne indovinò facilmente sotto l’eleganza dei modi la volgarità dei calcoli e la bassezza delle intenzioni. Tutte quelle dame si disputavano l’attenzione della folla come in una fiera di vanità, i vecchi, non avendo rimasto che dei vizi, cercavano di collocare