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una sola parola di Alessandro III. Nessun acido rivoluzionario aveva potuto intaccare la loro massa rurale; fra la plebe senza numero delle campagne e lo scarso patriziato individuale delle scuole, anzi che contatto ed influenza reciproca, v’erano sfiducia ed ostilità aperta.
La passione d’apostolato, conducendo nel popolo tanti rivoluzionari, non aveva servito che a svegliarvi sospetti; e se qualche missionario era parso più avventurato nel comporre alcune drouynes di contadini, gettandone i più temerari in qualche processo politico, questa lustra di propaganda era tosto vanita. I mugiks nel partecipare a quei moti avevano presi i nichilisti per emissari segreti dello Czar.
Loris era a Kazan dal principio dell’inverno. Non aveva nemmeno tentato d’inscriversi all’università per difetto dei titoli necessari, e per ripugnanza alla tirannica disciplina imposta dal terrore del governo agli studenti. Si era presentato come un figlio di pope, orfano, venuto per frequentare solamente la biblioteca. Un passaporto falso, in piena regola, comprato al solito da un agente della polizia per cinquanta rubli, lo metteva al sicuro delle prime sorprese col nome di Loris Vassilich Orobine.
Viveva con certa modesta eleganza affettando una grande austerità di costumi, e non concedendo la propria intimità che a pochi sicuri. Il suo disegno era di penetrare nello spirito del gio-