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bianchi fantasmi, grottescamente saltellanti come per forza magnetica, sconvolgeva la sua stessa ragione. Non solo non poteva comprendere quale stato intellettuale si formasse in essi con quella voluta agonia di tutte le forze fisiche, ma egli stesso si sentiva cogliere da qualcuno di quegli spasimi così intensi, che nessuna crisi della vita vera, malgrado tutte le sue tragedie, avrebbe potuto provocare.
Essi saltavano sempre con una energia inesauribile. Le loro faccie, sudicie di sudore e bianche come la calce, esprimevano un tormento senza nome; dai loro occhi, nei quali lo sguardo si era spento, uscivano lampi vitrei, mentre le loro bocche incapaci di formulare più una parola si stiravano nell’avidità febbrile della sete.
— Oh! oh! oh!
Qualcuno mormorava ancora torcendosi nelle ultime convulsioni; quella vecchia caduta sui gradini del trono li saliva leccandovi come delle orme invisibili, e colle mani incrociate dietro la schiena chiamava tutti gli altri.
Allora da una porta laterale apparve un’alta figura di donna.
Loris palpitò.
La Borghiniia aveva i capelli sciolti come un immenso manto nero, che toccava quasi il terreno; sulla fronte le tremolava una grossa stella di brillanti. Era vestita di un accappatoio azzurro, stellato d’argento. Si fermò sull’uscio colle braccia