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il culto, riconosceva tuttavia da lei ogni filosofia e ogni arte. Appena qualche pagano classico protestava solitario. Foscolo non piaceva più; Niccolini si faceva a stento perdonare il giacobinismo politico collo splendore di una lirica, che diventava a volta a volta drammatica per passione di patria; Guerrazzi non volendo essere cristiano aveva dovuto diventare biblico; la satira di Giusti mordendo il clero rispettava i dogmi; Mazzini stesso rovesciava la Chiesa per fondare una nuova religione; Cattaneo, positivista incompiuto, non osava tutte le massime del proprio sistema.
Lo scrittore preferito era Manzoni, non perchè artisticamente il migliore, ma come il più temperato fra tanto tumulto di religione e di bigotteria, di tradizione e di rivoluzione. Non commovendo alcuno e piacendo a tutti, al di sotto della passione e lontano dal vizio egli rappresentava meglio di ogni altro la vita del momento, calma ancora di un'inerzia secolare, ma riscaldata già dallo spirito che doveva poi sconvolgerla per rinnovarla. Non pertanto era l'ingegno più nuovo d'Italia, che vi portava la prima rivoluzione. Forse egli stesso non lo seppe, giacchè oggi solo si comincia ad intendere la sua vera originalità, cui l'armonia del suo temperamento artistico o la fiacchezza del suo temperamento umano tolsero di essere novatrice come quella di Hugo in Francia.