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Renan giovinetto, destinato ad oscurare le loro due glorie di scrittori, emigrava dal seminario, pallido della grande tragedia di Cristo, che doveva più tardi raccontare nel più bello fra i romanzi di questo secolo. Il padre Curci scelto a prototipo del Gesuita moderno dal Gioberti nella sua astiosa e troppo spesso volgare polemica, dopo la diserzione del Passaglia e la riprovazione del Ventura parve rimasto solo come Ettore a difendere il Vaticano; ma più infelice dell'eroe troiano fu poi costretto a rifugiarsi nel campo dei nuovi greci per riparare ancora entro le mura abbandonate, raccogliendo l'infamia di due tradimenti, rivelando nell'incertezza della propria condotta, sempre inconseguente e sempre sincera, le terribili oscillazioni del nuovo spirito religioso che si agitava nel cattolicismo. E tutti i giorni recavano notizie di apostasie religiose, ed erano piccoli curati, oscuri canonici, predicatori esorbitanti dal pulpito, vescovi e porporati, che volendo trattare coi ribelli ne pigliavano il contagio. La maggior parte di essi rientrava nel campo al primo appello, ma il campo restava nullameno aperto a fughe e invasioni d'ogni sorta.

Libri e discorsi fumavano di sentimento religioso: il romanticismo, originalità e morbo della nuova letteratura, non viveva più che di religione, e se talvolta ne sformava le immagini o ne ricusava