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tà della sua instituzione religiosa. Allora la battaglia si riaccese. Mentre gli ultimi increduli, scienziati e filosofi, accusavano il cristianesimo di decrepitezza, gli ultimi eretici gli ridonavano nell'entusiasmo di una fede piena di dottrina e di poesia un'altra gioventù.
Questo secolo, del quale si dice ancora tanto male e che il volgo addottrinato vanta come quello delle scienze, sarà forse annoverato nella storia fra i più fecondi per la religione. Tutte le letterature e le filosofie ne sono impregnate: mai tante voci, discordi di accento e di tono, si accordarono in maggiore eloquenza d'invocazioni tormentando i fantasmi divini per giungere all'orecchio di Dio. Preghiera e bestemmia lottando d'energia si fusero nel medesimo singhiozzo.
Vaticanismo e positivismo parvero assistere sdegnosamente immobili a questa nuova patetica demenza del sentimento religioso: l'uno nella certezza della fede, l'altro nella calma della incredulità. Il Vaticano era sicuro di Dio, il positivismo più che certo della natura.
Fra questi due estremi la vita proseguiva.
Il dissidio cattolico, cominciato nei credenti colle espressioni vaghe dell'istinto, ingrossò disciplinandosi per opera di grandi sacerdoti. Dalla Francia, dalla Germania, dall'Italia, da tutte le parti del mondo giungevano a Roma ammonizioni e m