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a delle intenzioni, arrivassero a tali distanze di tempo che il primo diventò l'unico, e l'ultimo non fu sospettato da alcuno. Forse il fatto che li rattenne fu frivolo e l'ostacolo leggero, perchè la storia non avendo più specialmente bisogno di alcuno fra essi era indifferente ai loro nomi. La loro giovinezza ebbe le medesime ansie e i medesimi sogni; la loro vita era scissa: saranno sembrati stravaganti se non pazzi ai mediocri ragionevoli che li circondavano. Ma quando venne l'elezione e l'eletto si chiamò Cesare, tutti gli altri innominati sentirono il coperchio del sepolcro racchiudersi sopra la loro anima.
Perchè si parla dunque ancora della Maschera di ferro, di questo povero gemello di Luigi XIV, che morì alla Bastiglia senza aver mai potuto mostrare il volto? Non è dunque una maschera il viso di ogni uomo grande, al quale gli avvenimenti non consentono di mostrarsi? Che cosa è più il pugnale di Bruto o lo scoglio di Sant'Elena, che conchiudono una vita gloriosa nella quale l'individuo assorbì tutto un mondo, dinanzi a questa prigionia nell'ombra e nel silenzio sofferta dai rivali, cui fu contesa l'espressione del pensiero e l'azione della volontà?
Dov'è il poeta che scenda in questo abisso e sappia poi descriverlo? Da chi sarà compreso questo poeta degl'incomprensibili? Perchè Miche