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che non sarebbe stato Cristo egualmente? O forse che Cristo non pensò oltre quello che disse e non volle oltre quello che operò? La sua tragedia nella storia non è dunque che una scena di quella che in lui si svolse, e forse la sola accessibile al mondo e quindi la più bassa. Il Cristo vero è quello che non conosciamo, ma indoviniamo confusamente attraverso le sue opere e le sue parole.
La tragedia artistica ha per limite e quindi per negazione l'azione. Eschilo ebbe d'uopo d'una favola per scrivere il Prometeo, che gli riuscì grande oltre i confini della medesima.
La tragedia del pensiero balenò allo sguardo di Shakespeare quando scrisse l'Amleto, poichè l'infelicità del suo principe danese non deriva già dall'assassìnio del padre o dall'incesto della madre, ma dalla contraddizione di una coscienza eroica col mondo, nel quale anche fuori della propria famiglia avrebbe trovato gli stessi dolori e gli stessi delitti. Amleto non è un malato, padre di tutti i futuri romantici come si è preteso; allora non sarebbe tragico, perchè nella tragedia occorrono due forze egualmente libere. Ma è l'uomo che si libra col pensiero al di sopra della propria condizione, oltrepassando i confini del proprio tempo, sfondando le convenzioni della morale e della religione per affacciarsi fra le loro rovine all'infinito. Il