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diverse coscienze in una sola. Le ultime passioni d'allora erano medioevali, libertà di comune, odio di fazione. L'Italia, i cui eserciti si battevano così male, aveva dei partigiani che si battevano fin troppo bene; tutta piena di eccellenti capitani, aveva dei venturieri e non una milizia.
Il risorgimento sfuggì al Macchiavelli. Predilesse la repubblica quando diventava impossibile, credè al Valentino che era l'ultima espressione del principe fuso col condottiero, sognò la milizia quando cessava la patria, lo Stato mentre mancava ancora la nazione, offrì ai Governi futuri la politica dei Governi passati, non s'accorse che la religione stava per rinnovarsi, il diritto per prodursi, la libertà per regnare. E il suo regno dovendo essere nella coscienza, la libertà religiosa era la prima.
Come i suoi Discorsi sono senza l'idea del progresso, così il suo Principe è senza quella della morale, e le sue Storie senza l'altra del diritto, e la sua arte senza passione.
Macchiavelli nel proprio secolo è uno straniero; se ne ha i vizi, non ne ha le idee e non ne sente le passioni. Ha l'istinto del nuovo, ma non lo afferra e si avviluppa in contraddizioni insolubili; chiarissimo nella visione dei fatti, l'intorbida appena ne cerca la ragione: realista, è un sognatore. Non comprende e nessuno lo comprende, vuole agire e non