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e furioso della fallita impresa saccheggiava chiese e palazzi cardinalizi. Il papa scese a patti, il cardinale abbandonato da Carlo V si ritirò a Grotta Ferrata, chiamandosi tradito. Intanto i soldati di Clemente fuggivano sotto Siena, Frundesberg nel Tirolo alla testa dei lanzichenecchi giurava di venire a Roma per impiccarvi il papa, e il Guicciardini luogotenente generale pontificio non riusciva a persuadere il duca d'Urbino, generale di Clemente VII, a più risoluta azione in tanto frangente. Il papa irresoluto non si decideva nè alla pace nè alla guerra.
Macchiavelli andò due volte al campo della Lega per conto della Signoria, e ne tornò sconfortato: tutto andava a rifascio. Firenze esposta ai primi colpi poteva essere da un giorno all'altro presa e saccheggiata. Intanto gli imperiali comandati dal Borbone, congiuntisi ai lanzichenecchi avanzavano su Bologna: il duca di Ferrara, il grande artigliere d'allora, sempre minacciato dalla politica assorbente del papato li spalleggiava. Firenze abbandonata dal papa, che trattava coll'imperatore, mandava di nuovo Macchiavelli al Guicciardini; il quale non riuscendo a smovere il duca d'Urbino dal proposito timido o traditore di non attaccare gl'imperiali, promise di accorrere al primo pericolo della patria colle genti del papa, anche malgrado