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guerriera d'istinti, era meno che atta per le proprie divisioni di guelfi e ghibellini a dare un esercito, recideva l'ultima ala al suo ultimo sogno. A Firenze si distrasse ancora occupandosi della rappresentazione delle proprie commedie, tenne corrispondenza col Guicciardini, e tanto fece che fallito il disegno dell'Ordinanza e l'altro su Giovanni dalle Bande Nere, ottenne di essere cancelliere e procuratore della commissione nominata dal Consiglio dei Cento per la fortificazione delle mura. Ma anche questa volta, sebbene l'aiutasse Pietro Navarro, il primo ingegnere militare d'allora, la sua febbrile attività non potè vincere il disaccordo degl'ingegneri, nè ottenere danari all'opera. Era destinato che Firenze non riuscirebbe a difendersi se non nell'entusiasmo della libertà e sotto lo scudiscio della disperazione, e che un ingegnere ben altrimenti grande del Macchiavelli, Michelangelo Buonarotti, fortificherebbe le sue mura.
I tempi ingrossavano, Carlo V per impadronirsi dell'Italia doveva inoltrarsi coll'esercito, ma difettava di danaro: Francesco I uscito di prigione contro le supposizioni del Macchiavelli armava; il cardinale Colonna, nimicissimo di Clemente VII, alla testa di 800 cavalieri e di 3000 fanti irrompeva nella città eterna per imprigionarvi il papa, che potè a stento riparare in Castel S. Angelo,