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inviato da Firenze presso il Valentino, lo vede all'opera, s'entusiasma d'ammirazione, dimentica l'impossibilità della sua impresa che alla morte di Alessandro VI doveva urtare nella politica impersonale del papato, inverte la propria posizione di legato fiorentino per proporre alla Signoria di aiutare il Valentino in una conquista che già la minaccia. E quando Giulio II detronizza, imprigiona Cesare Borgia, Macchiavelli non comprendendo che la Chiesa trionfa sola fra gli Stati italiani del risorgimento attribuisce la catastrofe del duca alla fortuna.
Giulio II prosegue la politica del papato e dei Borgia risuscitando tutti i vecchi diritti della Chiesa; e Macchiavelli non vede in lui che un prete prepotente ed armato, che ogni principe italiano potrebbe rattenere e che il signor Baglioni ha fatto male a non pugnalare immortalandosi. Giulio II stringe la lega di Cambray e prostra Venezia per strapparle l'esarcato di Ravenna; avutolo, si volta con Venezia contro la Francia per conquistare Ferrara, Parma e Piacenza: mutatosi in ghibellino favorisce i Medici contro i guelfi a Firenze, gli Sforza contro i guelfi a Milano e ingannando tutti, forse sè stesso, urla: fuori i barbari!
Macchiavelli non prevede il ritorno dei Medici come non aveva previsto il trionfo di Giulio II