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a le basta un razzo finale in una risposta, l'oscenità o la delicatezza di una qualunque soluzione. In una novella non tutti i personaggi hanno obbligo di essere vivi basta che essa sia tale come racconto per il divertimento che dà ascoltandola, per l'impressione che lascia ascoltata. Nella commedia, troppo più alta, non è così. La vita ha da esservi intera e l'azione, svolgendovisi, deve mostrare il fondo dei caratteri che vi agiscono.
Macchiavelli non lo sospetta nemmeno. Poichè l'arguzia boccacciesca del suo carattere e l'acredine satirica del suo spirito avevano bisogno di uno sfogo, scrisse la Mandragola sui modelli d'allora, transigendo fra le novelle del trecento e le commedie romane, mirando solamente a divertirsi e a divertire. Non volle e non fece pittura di società. Solo Frà Timoteo lo trasse più lungi che non avrebbe dovuto andare, irritando tutta la sua irreligione di politico e di uomo; invece di colpire il frate colla invettiva, Macchiavelli lo deformò colla caricatura. Lo scopo per lui era egualmente raggiunto.
Ma l'elegante e briosa agilità dello spirito del Macchiavelli apparisce nel monologo che, trascinato Callimaco in casa di Nicia e quindi interrotta l'azione contro i vecchi precetti rettorici, Frà Timoteo pronuncia raccontando argutamente a sè stesso che cosa faranno quella notte tutti i personaggi di quell'imbroglio.