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nderlo più brutto, facendolo diventare impossibile. Il critico insiste dove l'artista doveva appena sfiorare. Per colpire l'istituzione del monachismo sfonda l'uomo nel quale la raffigura.
Il complotto immaginato da Ligurio, vacua figura evidentemente staccata dal teatro romano, trionfa: in una scena abbastanza viva, ma eccessivamente giocosa, Callimaco vestito da gaglioffo e fingendosi mezzo ubbriaco, si fa sorprendere da Nicia, da Ligurio e da Frà Timoteo che lo bendano, lo aggirano, lo trascinano sino al letto di Lucrezia.
La burla è riuscita, ma non produce alcuna impressione; era troppo facile. Callimaco è un falso innamorato, Nicia un'imbecille incredibile, Lucrezia un fantasma, la madre un'ombra, Frà Timoteo una caricatura, Ligurio una maschera: non un uomo o una donna sono vivi nella commedia, la quale rimane una novella. Come tale, coi gusti e coi costumi del tempo, sarebbe divertente in una brigata di artisti e di signori, di gentildonne e di monsignori che non domandano di credere ma di ridere, non vogliono la verità ma la baia; l'esagerazione e l'inverosimiglianza in questo caso sono redente dalla arguzia di un motto, dalla scabrosità di una situazione, dall'arditezza di una proposta. La novella si ode e non si vede. Per essere ricordat