Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
costringe tutto nella contesa fra gli Albizzi ed i Medici. La posizione dei primi vi è assai bene studiata, ma non appena entra in scena Salvestro dei Medici favorendo le arti Minori contro le Maggiori e sollevando destramente il tumulto dei Ciompi, per profittare poi solo della rovina degli Albizzi nella reazione succeduta naturalmente al tumulto col simultaneo abbassamento delle arti Maggiori e della plebe, si direbbe che un'inconscia antipatia scoppi tra il fine politico borghese e il terribile politico del Principe. La presenza del Valentino turba ancora lo spirito del Macchiavelli al punto di fargli idealizzare la mediocre figura di Michele di Lando, docile strumento in mano di Salvestro, e di non lasciargli comprendere tutto il merito della politica di quest'ultimo così abile e paziente e sicura che nelle Storie Fiorentine non se ne era ancora e forse non se ne vide più l'esempio. Gl'istinti democratici trassero il Macchiavelli a trasfigurare Michele di Lando, come la politica di semplice intrigo, senz'armi e senza gloria troppo diversa da quella conquistatrice del Valentino, gli dispiacquero in Salvestro. Oramai nel Macchiavelli la teorica politica e la forma drammatica si erano talmente fuse che a lui stesso non riusciva più di separarle. D'altronde la sua avversione ai Medici, dai quali colla cacciata dalla Signoria e le conseguenti miserie aveva pur