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storia di Firenze; però se il Macchiavelli lo avverte a quando a quando e qualche piccola parte ne scopre, non è men vero che in lui come nei cronisti dai quali copia, le passioni, il valore e la fortuna sono sempre la ragione unica degli avvenimenti: l'idea dei quali risulta nel suo racconto piuttosto dal modo col quale il suo istinto artistico signoreggiato dalla loro seria logica li coordina, che non sorga in lui da vera coscienza filosofica di storico.
La letteratura storica è già nata preparando in sè stessa la storia; alla prima è bastato il letterato, alla seconda occorrerà l'uomo.
Col terzo libro, che va dal 1353 al 1414 e al quale il Macchiavelli premette, e seguitò poi nel costume, una specie d'introduzione filosofica richiamando una teoria dei Discorsi, comincia lo studio della decadenza della repubblica e il conseguente sorgere dei Medici. Gli autori prediletti sono questa volta Marchionne di Coppo Stefani e Gino Capponi, ma su questo nuovo terreno meglio adatto all'indole sua il Macchiavelli procede più cauto e forte. Il paragone fra Roma e Firenze, che apre il libro, è al solito così forzato che il Villari stesso ne conviene, mentre dalla profondità delle susseguenti osservazioni nelle quali molti si sono perduti ammirando non sfolgora nessuna idea. Il racconto si