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sempre una causa personale. Considera la religione solamente nella forma della Chiesa, la civiltà nell'azione di un Governo, l'uno e l'altra più volentieri ancora riassunte in personaggi politici. Sfiora la lotta dei Comuni col Barbarossa, tace dell'immenso sviluppo dato da Federico II alla civiltà del mezzogiorno, nomina appena i Vespri Siciliani, le discordie dei Guelfi e dei Ghibellini, le vicende del Reame di Napoli per non perseguitare che i pontefici e i capitani di ventura, fermandosi solo ai fatti che aiutano le sue teorie dei Discorsi e del Principe.
Questa l'Introduzione generale tanto vantata dai suoi apologisti; la quale se si prescinda dal merito letterario troppo in essa ancora disuguale quantunque a certi punti singolarissimo, non contiene nessun'idea, non inizia nessun metodo che possa attribuire al Macchiavelli un grande posto fra gli storici.
Il secondo, terzo e quarto libro abbracciano la storia di Firenze dalla sua fondazione sino al trionfo dei Medici, ma dell'origine del Comune dice appena poche parole per saltare subito alla tragedia di Buondelmonte nel 1215, dalla quale crede erroneamente derivare la divisione della città in Guelfi e Ghibellini. Il Villani da cui copia condensando con ammirabile potenza letteraria, e Ricordano Malaspina avevano pur narrato prima del triste caso una serie di guerre fra il Comune fiorentino e i