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proposito storico nel quale Guicciardini lo ha preceduto senza che egli lo sappia, non gli viene da una meditazione filosofica della storia, ma dalle tendenze del suo spirito e di tutta la sua vita. I grandissimi modelli antichi, Tacito e Livio, non sono più presenti al suo pensiero e non gli compariranno che ad intervalli per suggerirgli qualche forma di stile o disegno di orazione: fiorentino, i suoi autori sono i cronisti che l'hanno preceduto. L'Introduzione generale che premette alle Storie, falsa nelle proporzioni architettoniche come vestibolo enorme di piccolissima casa, non sarà che un esercizio artistico, un ritardo volontario intorno a qualche massima o a qualche personaggio, una imitazione ed un plagio di Flavio Biondo e di Leonardo Aretino.

Il Villari costretto a notarvi la poca o nessuna originalità così nella erudizione come nell'ordinamento dei fatti, vi si ripiega giustamente sul merito letterario. Una figura però vi campeggia troppo simile al duca Valentino nel Principe e come questi salvatore d'Italia, Teodorico re degli Ostrogoti. La solita esaltazione riprende il Macchiavelli che, pur copiando dal Biondo, per idealizzare il proprio ritratto tralascia quanto gli nuoce e svisa addirittura fatti importanti, come l'espulsione di ogni italiano o romano dall'esercito decretata da Teodorico.

Ma presto il Macchiavelli arriva all'altro concetto