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originali, esponeva le leggi, citava persino le frasi testuali delle ambascerie. Certo a lui pure sfuggiva la parte impersonale degli avvenimenti, troppo violentemente tirato dalle forti qualità della sua natura realista e politica; ma questo difetto in lui comune col Macchiavelli e col secolo, non era come nel suo rivale peggiorato dalle licenze di una fantasia teorizzante sui fatti e contro i fatti. Guicciardini aristocratico potè in seguito lasciarsi cogliere dalla passione della forma che era allora l'aristocrazia della letteratura, e mal sicuro nel gusto falsare il proprio giovane stile nell'imitazione ciceroniana; ma politico e storico nato non si curò mai di poesia, non scrisse come il Macchiavelli Commedie e Decennali fra quella ressa di tragedie che componevano allora la politica, non divagò dietro pretensiose e false teorie come nei Discorsi, non ebbe mai il sogno fantasmagorico del Principe, non si atteggiò a capitano precettore di guerra, non eccitò a libertà per poi abbandonarla timidamente in faccia al pericolo, non mendicò impieghi, non predicò la necessità della furberia; ma profondamente furbo, privo di coscienza come il suo secolo, coperse eminenti cariche, si rivelò uomo di gran Governo e non fu veramente vinto che vecchio da Cosimo II, politico ben altrimenti terribile del cardinale Giulio che aveva potuto così facilmente giocare il