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e che nella sua riesce addirittura inesplicabile. Finalmente nel settimo libro parla delle fortificazioni, ma nella sua niuna fede alle artiglierie e nella sua ignoranza della ingegneria, non arriva nemmeno al punto che la scienza d'allora aveva toccato: quindi mette in bocca al Colonna il ritratto del capitano ideale componendoglielo al solito con esempi di storia; e chiude colla inevitabile invocazione al principe liberatore.
L'opera scientificamente non ha dunque nè originalità nè valore; è un ritorno agli ordini antichi piuttosto ispirato da un sistema di idee letterarie e storiche che da vera conoscenza della materia. Così Macchiavelli studiando il modo e la difficoltà di comporre un esercito invece di guardare intorno a sè per vedere che differenza presenterebbero la Romagna, la Toscana, il Reame o Venezia si contenta di tradurre un brano di Vegezio sul soldato ideale: trattando della educazione guerriera, secondo la sua teoria l'uomo è sempre uguale e un cittadino del foro romano e un borghese del mercato fiorentino hanno le stesse attitudini; il cristianesimo, che aveva dieci secoli di guerre non interrotte, è per lui antimilitare e nullameno non cerca come controbilanciarne l'influenza; l'Italia non ha coscienza nazionale e tuttavia egli crede possibile riunirla in un esercito; vi sono armi nuove da fuoco, imperfette che non