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del vero e virtuoso sovrano, senz'avere per questo compreso il ritratto del Macchiavelli; Napoleone I che si trova personalmente nella condizione del duca Valentino, se si moltiplichi la Romagna per l'Europa, invece lo ammira pur sentendone l'angustia. Prima di Rousseau che nel Principe vede un tiro giuocato dal Macchiavelli ai tiranni esponendo i principii fatali della loro condotta, Alberico Gentile aveva già trovata questa interpretazione, che Foscolo appoggiato sull'Alfieri doveva cantare in versi immortali: e questa interpretazione, una delle più false, dilaga quando il patriottismo italiano s'impossessa della figura del Macchiavelli. Poi in Germania col Bollmann comincia una critica più seria: il Raumer e lo Schlegel credono di trovare la sorgente degli errori di Macchiavelli nel concetto pagano che egli aveva dello Stato, ma il Principe così spiegato non è meno impossibile nel paganesimo che nel cristianesimo.
Ranke, il grande storico, è il primo a comprendere che il Principe, ispirato dai tempi, senza di essi diventa inintelligibile: s'accorge che non è un trattato e che il modello ne fu Cesare Borgia, ma finisce col credere che il Macchiavelli scrivendolo davvero per Lorenzo dei Medici, nella disperazione di rianimare l'Italia osasse così propinarle il veleno. E non è vero che il libro fosse scritto per