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Che il Macchiavelli avesse vere attitudini di scienziato sarebbe insensatezza negarlo e furono appunto quelle che gl'impedirono di svilupparsi grande artista, ma aveva troppe attitudini artistiche che gli contrastavano l'equilibrio e l'astrazione necessaria alla scienza. Fra una legazione e l'altra scriveva i Decennali, cronaca sua e degli avvenimenti in versi mediocri; in ogni ritaglio di tempo tentava un Capitolo, in prigione nella peggior crisi della sua vita scriveva sonetti, nell'esilio alla campagna, dalla quale dovevano uscire le sue due opere maggiori, s'abbandonava a una corrispondenza la più artistica del secolo per la forma dei racconti e delle cose. Le sue qualità politiche essendo le più duramente negate dai fatti e dalla poca stima dei contemporanei, egli vi condensa tutto lo sforzo dell'ingegno; crea uno stile, una lingua, ammonticchia ritratti, osservazioni, formule, apostrofi, ironie, eloquenze; sa essere breve come Tacito, largo come Livio, mentre l'istinto realista della sua natura e la sua poca educazione classica in quella necessità di vivere nella vita politica lo rendono il letterato più vivo e moderno del tempo. Ma appunto perchè troppo fuso col proprio secolo, che i secoli immediatamente posteriori non comprenderanno animati di un'altra coscienza, Macchiavelli e il Principe vengono mal giudicati. La