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immorali! Come trattato, benchè più serrato nelle parti e solido nella struttura, ha tutti i difetti dei Discorsi; come opera scientifica è senza metodo. Siamo ancora alla confusione fra Governo e Stato, all'oblìo di tutte le attività sociali, al concetto del popolo senz'anima collettiva: nessuna vera intuizione dei tempi moderni, nessun profondo esame dello stato d'Italia, non un accenno alla Riforma tedesca, alla scoperta d'America, a quella di Copernico, della stampa, della polvere. Col formulario del Principe non solo non si fonda uno Stato italiano, ma non si governa nessuno Stato; colla pretesa di massime capaci per tutti i casi non se ne risolve alcuno. Nel Principe il processo è sempre quello di un piccolo tiranno esercitato da congiure di trivio o di palazzo, intento a conquistare qualche terra vicina, pronto ad ogni efferatezza per vincere e per vivere. Il fondo di esso è la barbarie feudale, il suo ambiente il feudalismo in dissoluzione fra i Comuni, Roma e l'Impero.
La scienza della politica non ha molto da imparare nel Principe di Macchiavelli, la storia del cinquecento non può farne a meno: il libro rivela il secolo nel quale vi è posto per ogni meraviglia. Macchiavelli e Ariosto vi si ignorano, Michelangelo e Raffaello non vi si comprendono: l'uno è l'ultima grand'anima italiana e assomiglia a Dante, l'