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o fortifica fino a renderlo invincibile e a fargli quasi dimenticare la storia antica. Guicciardini aveva potuto contestargli trionfalmente le sue osservazioni sui romani e sui greci, ma nell'analisi di quel mondo moderno, nelle affermazioni tratte dalla vita del duca Valentino e di tutti coloro che gli avevano somigliato, nessuno lo contraddirà. Il suo Principe è il duca Valentino ingigantito, trasfigurato da tutti i principi italiani vissuti nella politica, della quale questi era stato la maggiore figura.
L'arte non ha moralità propria, poichè deve entro sè stessa lasciar libera la manifestazione di quella dei fatti raffigurati; così il Principe non ha morale. Macchiavelli inconscio e sereno come tutti i grandi artisti muove la propria figura nelle massime e colle massime dell'ambiente nel quale gli si è presentata.
Il libro è piccino e compatto come un getto. Originale sino a non essere paragonabile a nessun altro anteriore e posteriore, ha tutto il fuoco e l'improvvisazione inconsapevole di un capolavoro. Il Principe è un ritratto in cui ogni massima è un lineamento: il cinquecento politico posa davanti al suo pittore. Macchiavelli senza saperlo lotta con Leonardo, con Raffaello e con Tiziano, i tre grandi ritrattisti d'allora, e il realismo della sua ideale figura è più sicuro che non nei ritratti del duca di