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entino aveva la chiarezza dell'azione; era il sistema fatto uomo, il secolo individualizzato.
La fantasia del Macchiavelli, così facile ad accendersi pel fuoco dell'interna passione, s'infiammò: in poco tempo come sotto gli occhi del duca interruppe i Discorsi e scrisse il Principe. Nemmeno questo è un trattato, ma una biografia di lui, spesso sottintesa, frequentemente raccontata a brani, richiamata con esempi, narrata e costrutta con osservazioni e massime riassunte dalla sua opera e dalla sua vita. Lo stile di una trasparenza di cristallo è squillante e tagliente. I due sogni di Macchiavelli, il grand'uomo e il grande Stato si fondono nel Principe, ma egli vi coopera, ne è la mente che spiega l'opera fatale del temperamento. Il duca Valentino è l'inconscio, Macchiavelli la coscienza. Nessun dubbio lo turba, è sicuro di sè stesso: agisce nella realtà; il cinquecento era così. Ma egli e il duca sono sulla soglia di un mondo futuro, alla vigilia di costituire l'Italia: il duca Valentino ne sarà il nuovo Cesare, più fortunato dell'antico costretto ad uccidere la repubblica romana; quanto a Macchiavelli non vi è nome cui paragonarlo nella storia e resterà Macchiavelli. La gloria splende di già.
Nei Discorsi il suo ingegno non sempre sicuro divagava richiamato ogni istante alla realtà della storia presente; nel Principe la realtà l