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e rovina d'Italia; ma non si propone e non si spiega il problema della loro esistenza. Ha una fede illimitata nella costituzione e nella bontà delle milizie cittadine malgrado le crudeli e quotidiane smentite dei fatti, che provavano l'impossibilità di costituirle e la loro nullaggine in faccia alle bande di ventura: disprezza assolutamente le armi da fuoco e le fortezze che dovevano di lì a poco creare la nuova tattica e la nuova strategìa.
Da questa preparazione uscì il Principe: questi fu la figura, i Discorsi rimasero il fondo del quadro.
Evidentemente la cosa non poteva andare diversa nello spirito del Macchiavelli. Quelle scorrerie attraverso la storia di Tito Livio prodotte dalla sua passione per la politica del tempo nella quale era stato battuto, dovevano conchiudere a un'impresa. La sua critica senza metodo scientifico non era che una riflessione circoscritta nei fatti storici e animata dai loro sentimenti. Macchiavelli osservatore artistico della politica e da essa trascinato a diventarvi attore subalterno aveva dovuto naturalmente prendere la propria facoltà di osservare per la potenza di agire, e battuto duramente nella lotta invece di ricredersi rientrando in sè stesso, alzare piuttosto la propria singolare capacità di analisi fino alle pretese di farne una scienza. Ma di questa