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18 | Don Giovanni Verità |
grano di miglio cadendovi, secondo il vecchio proverbio, avrebbe toccato l’assito; nei palchi la ressa s’era acquetata subitamente: appena qualche moto provocato dalla positura insostenibile di uno spettatore vi si coglieva e cessava. Volsi un’occhiata in giro. Tutto il teatro rigurgitava. La folla, impossibile a credersi e a descriversi, era raddoppiata: al quarto ordine molti individui si reggevano alle statue. Ercole aveva un cappello nero sulla testa, Nettuno ne teneva un altro sul tridente.
Si aspettava.
A fianco della gran tavola un’altra più piccola era occupata dalla stampa: intorno al Comitato seduti, stretti, incredibilmente stretti, tutti gl’invitati e i rappresentanti delle società romagnole democratiche stipavano il palcoscenico. Molte teste espressive spiccavano, molte medaglie lucevano sui petti. Cercai cogli occhi Giuseppe Cesare Abba, eroica e gentile figura di troviero diventato poi lo storico della spedizione di Marsala, la sua prima campagna di giovinetto: ma non lo vidi. L’anno dopo egli solo parlò del Generale, alla commemorazione della sua morte, in un discorso che fu un canto di allodola interrotto da strida di aquila.
I rettori del comizio sembravano agitati. Alcuni erano calvi, altri canuti, nessuno aveva sembianza di soldato, tranne l’ultimo a sinistra, un fornaio,