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sforzi e la moltitudine delle minime differenze favorivano in fatto la libertà, il grande dissidio teoretico parve sopito. Quindi l'erudizione dissuggellò il mondo classico traendone concetti e ragioni politiche prima ignote o trascurate. L'antico Stato pagano, già rievocato da Dante, abbacinò tutte le menti nel confronto involontario coi piccoli Stati del tempo; la sua virtù politica signoreggiò come ideale di grandezza storica la virtù cristiana.
Ma i molti eruditi, che scrissero allora trattati politici, fecero misture di massime cristiane e pagane piuttosto per esercitazione rettorica e con intendimenti di sermone che con vero scopo di battaglia politica o intenzioni di scienza. La quale doveva tardare ancora troppi secoli a nascere. In quella lotta di minimi Stati, che inermi e padroneggiati dai condottieri preferivano naturalmente la guerra degli imbrogli a quella delle armi, era sorta intanto una diplomazia ribalda ed astuta, nella quale lo studio degli uomini e il conflitto degli interessi menavano inconsciamente all'esame delle realtà storiche. Ma poichè mancava lo Stato italiano e la coltura intellettuale non si appoggiava sulla base solida di una coscienza nazionale, non era possibile trovare le vere leggi sociali e la media dei singoli interessi, o dalla morale puramente precettiva delta religione risalire al diritto per determinare