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a domato.
Le sue legazioni incominciate presto non gli dettero mai vero carattere di legato. La piccolezza della sua condizione che lo impediva allora, non crebbe mai abbastanza per la stima che il pubblico facesse del suo ingegno, da meritargli grado di ambasciatore di Firenze.
La prima fu a Forlì presso Caterina Sforza, la seconda presso il duca Valentino ad Imola. La forte e astuta donna, della quale riveggo ora nella memoria lo stupendo ritratto del Palmezzani conservato a Forlì nella biblioteca, battè il giovane e forse presuntuoso diplomatico, che in una lettera dovette confessare, e questa è una prova di forza, di essere stato tenuto a bada per otto giorni senza nulla indovinare o sorprendere. Il duca Valentino l'affascinò e diede la propria forma agl'incerti fantasmi che si agitavano nel suo ingegno di pittore della politica. Perchè Macchiavelli non fu mai veramente altro.
Forse questa affermazione sconcerterà il volgo delle persone colte e farà sorridere più di un dotto; nullameno, dall'attento esame delle opere del Macchiavelli interpretate colla sua vita, tale verità esce raggiante.
Non so se il duca Valentino fosse allora bello come lo dipinse Raffaello al ritorno di Francia in costume di gentiluomo francese, e quale nel divino ritratto posseduto dal principe