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al cuore, non viveva più che nelle memorie e nelle immaginazioni dei letterati e del volgo; la religione, divenuta superstizione in basso, traffico ed impero in alto, mescolata di magia, ignorante e scostumata, nata di una tragedia sul Golgota, sembrava finire in un carnevale che era un'altra tragedia per l'Italia e per la coscienza umana. La filosofia ospitata dalla religione nella bufera del medio evo n'era tuttavia la serva: San Tomaso guidato da Aristotile la signoreggiava; la scienza, senza vero passato, non accennava ancora a un sicuro avvenire. Però Copernico, Guttemberg, Colombo, sconosciuti l'uno all'altro, si erano misteriosamente intesi per guarantirla: la storia si dibatteva invano fra le fascie della cronaca, la lirica morta nei giardini di Lorenzo il Magnifico era già dimenticata, l'ultima epopea della cavalleria era più che mezza satira, la prima tragedia e la prima commedia non sarebbero state vitali.
Il rinascimento è un soldato, ha detto poeticamente il Michelet: il rinascimento è un assassino, non ha osato dire il Ferrari pur lasciandolo intendere, ma quando il Macchiavelli entrò nella vita, gli assassinii erano ancora frequenti e i grandi condottieri usciti dalla scuola braccesca e forzesca quasi finiti. I venturieri esteri avevano già preso il sopravvento. Nessuna figura di principe f