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istintiva dei volghi, che li accolgono e li attorniano interrogando; ma inflessibili quanto la strada che passa oltre ogni difficoltà di terreno, attraversano ogni zona di civiltà e di natura, raccogliendo omaggi e disprezzi come tutti coloro che vivono diversamente degli altri.
Per essi una rivoluzione è poco più di un tumulto di mercato, se vi arrivano nell'ora dello scoppio: una catastrofe di governo non ha l'importanza della caduta di un ponte: ogni finale di dramma ne sia Cristo o Socrate, Caio Gracco o Cola da Rienzi, Cicerone o Savonarola il protagonista, diventa uno spettacolo pagato largamente dalla fatica di un viaggio interminabile. Essi vanno, ma non arrivano e non ritornano mai. Non aspettano alcuno e nessuno li attende: non migrano perchè non intendono fermarsi, non viaggiano perchè non hanno scopo, non lavorano perchè ogni lavoro suppone un ambiente, ma guardano e girano. L'abbandono di ogni ricchezza, il dispregio di ogni posizione li rende superbi, ma la coscienza della inanità di tutti gl'impieghi umani li persuade all'umiltà, e accattano. Che importa il pensiero o la parola di quelli che donano? Essi ricevono e dimenticano anche più prontamente di loro. Tutta la civiltà e la natura è per essi un teatro, giacchè dalla strada si vede e si sente tutto: come la strada rimane bianca