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merci o masserizie, famiglie e tribù, armati ed inermi, uomini e donne; cacciati tutti dall'istinto inconscio della storia, forti, deboli, morenti e morti, tutto è passato per questa strada verso Roma e da Roma verso tutta l'Europa superiore. L'orma forcuta degli armenti vi si è calcata sull'orma di tutte le cavallerie, il passo unito delle falangi vi ha coperto le pedate disordinate dei viandanti, il solco delle rotaie ha subíto il taglio di tutte le ruote e non ne ha conservato alcuno. A ogni vento a ogni pioggia a ogni raggio di sole, tutto era cancellato; il sandalo si sovrapponeva al coturno, i piedi scalzi più larghi e più numerosi appianavano ogni rilievo pestando colla stessa indifferenza la traccia lasciata nella polvere dal manto del trionfatore o dal fieno spiovente sui carri, da una zampa di elefante o da una coda di lucertola.
Per quanto cupa la notte e il sole cocente il passaggio non si è mai arrestato sulla strada. I campi a certe ore sono deserti, ma la strada non lo è mai, giacchè i mutamenti più terribili e subitanei della natura vi sono senza efficacia e ogni temporale è sempre sicuro di trovarvi qualche infelice su cui aggravarsi. Gli acquazzoni sono rari, il fiotto umano incessante. Nulla può fermarlo. La cavalleria degli eserciti intoppa lungo la strada nell'asinello del contadino o nei porci del mandriano: mentre i soldati