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religione cattolica. Così poco era stato compreso il suo carattere, e per gl'increduli romanismo e cattolicismo sono ancora la stessa cosa!

Il vescovado fu sossopra. Tutti i giornali d'Italia recavano i bollettini della salute dell'infermo, il paese era agitato.

Don Giovanni, calmo anche negli ultimi istanti, chiese i sacramenti e si confessò; ma quando il confessore per concedergli l'assoluzione gli domandò un'abiura di ciò, ch'egli chiamava le sue eresie e che, lui sano, la Chiesa non aveva mai condannato interdicendogli l'esercizio sacerdotale, il suo volto s'illuminò d'un sorriso.

Forse, anzi senza forse, si aspettava a questo.

Ricusò, umile e fermo.

Gli amici repubblicani, che soppravennero, lo complimentarono colle solite frasi della incredulità sulla sua fermezza, e Don Giovanni sorrise ancora. Il suo spirito limpido coglieva meravigliosamente il doppio egoismo dei due partiti, che si disputavano la sua morte per farsene argomento di battaglia. Nullameno sereno ed austero non mise un lamento, non differenziò le due assistenze, che si contendevano il suo letto.

Senza dubbio vi furono incidenti dolorosamente comici fra gli addetti dei due partiti egualmente ammessi nella camera del moribondo, ma li