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italiani.

La rivoluzione scoppiò colla guerra. Cavour destreggiandosi abilmente coi bisogni dinastici di Napoleone III, che doveva stordire di vittorie la Francia per toglierle di pensare alle origini infami e alla vita anche più bassa del secondo impero, lo trasse in Lombardia contro l'Austria. La Francia generosa ed eroica ripetè dopo settant'anni le glorie del novantasei contro lo stesso nemico; ma anche questa volta parve che i Bonaparte non potessero compire l'Italia. E fu bene, giacchè riconquistata e rimessa a nuovo dall'epica cortesia di un popolo straniero per quanto fratello, non avrebbe potuto riprendere la coscienza di sè medesima; mentre abbandonata a mezzo il cammino, dopo essersi con puerile sgomento lagnata dell'abbandono, si rivolse a Garibaldi guerreggiante ai piedi delle Alpi, e Garibaldi corse a Genova, ne salpò, discese in Sicilia, rivalicò lo stretto, traversò la Calabria verso Napoli sollevando popoli e sgominando eserciti, cinto da pochi soldati, raggiante di gloria, sereno come un arcangelo cristiano, terribile come un eroe di Omero.

Ma Roma e Venezia, la più grande città e la più marinara repubblica del mondo, mancarono ancora all'Italia.

La guerra sostò.

Don Giovanni cappellano negli eserciti