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o nociva.
Il popolo, che voleva credere sicuro e sentendo le forme della propria religione ormai vuote si ricusava nullameno a mutarle, era tutto riassunto in questa coscienza di prete, che accordava la fede più salda in Dio alla indifferenza più abitudinaria e indulgente del culto, l'amore di ogni tradizione religiosa colla passione di tutti i nuovi ideali politici.
Salvando Garibaldi legittimo difensore della repubblica romana contro tutta l'Europa, non aveva rinunciato a salvare Pio IX, se la rivoluzione invece di sopprimere in lui il re avesse voluto degradare il pontefice.
E il popolo, che sentiva confusamente tutto questo, guardava a Don Giovanni aspettando in lui la soluzione del proprio problema.
Che cosa direbbe Roma?
Roma tacque.
Certo in Vaticano il problema fu lungamente discusso; i più feroci ultramontani avrebbero voluto l'imprigionamento e la condanna di Don Giovanni, ma la maggioranza dei consiglieri più profonda e più abile vi si ricusò.
Don Giovanni non si poteva accusare. Nella sua come nella coscienza del popolo l'aver salvato Garibaldi implicava negazione del potere temporale, e nullameno era impossibile formulare l'accusa sopra questo fatto, che morale e religione assolvevano.