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di adepti senza vagliare nè discutere: scarse le condanne, ma insoffribili le vessazioni; tutto e tutti erano minacciati. I preti gongolanti dalla gioia dopo gli spaventi della rivoluzione infierivano; le superstizioni compresse scoppiavano quasi collo stesso impeto della rivolta liberale, mentre le lotte fratricide dei partiti sembravano preparare un'altra guerra civile fra il lutto delle famiglie orbate dalla guerra e lo sgomento del popolo incapace di capire cosa alcuna attraverso affermazioni egualmente assolute di libertà e di dispotismo. Roma, fatta proclive alla satira dallo stesso scetticismo che la prostrava, chiamò la commissione dei Cardinali triunvirato rosso della porpora, che nullameno si bagnò di sangue.
Il papato si riaffermava come regno. Nulla della rivoluzione, che lo aveva rovesciato prima per sopprimerlo poi con un decreto di popolo unico nella storia, doveva durare; la rivoluzione ispirata da Satana come idea si era politicamente esplicata nella più ignobile e ladra delle anarchie. Così almeno dicevano i diarii cattolici di allora. Ma coll'istinto del popolo, che aveva veduto la rivoluzione riassunta nella testa di Mazzini e nel cuore di Garibaldi, il papato concentrava i propri attacchi nelle loro due figure, mentre tutti i suoi predicatori tuonavano dal pulpito e il Padre Bresciani, estremo dei gesuiti letterati,