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— Garibaldi! ripetè Pio Nono dando uno strappone al mulo.
Garibaldi gli si avvicinò.
— Che cosa c'è? Mi avete chiamato?
— Chiamato? Che! È il mulo che non vuole andar piano. Don Giovanni mi
ha pure detto di andare adagio. È il mulo, sa; ha quattr'anni, è troppo ardente. L'ho comprato due anni fa a Scaricalasino. Era grande come un porco, ma bello veh! Me lo sono fatto io. Gli ho messo sul groppone sino a due balle da quattrocento libbre l'una; pare una bugia a dirlo. E sa come me lo hanno battezzato? Indovini? ma già, ha sentito come lo chiamo; gli dicono Garibaldi.
— Ah! Garibaldi sorrise voltandosi al capitano Leggero.
— Da quanto tempo, questi domandò, chiamate così il vostro mulo?
— Oh! non è molto, da quando è incominciata la rivoluzione. Garibaldi
è il migliore soldato, e il mio mulo è il miglior di tutti: non è vero tu, Garibaldi?
Si voltò alla bestia, scuotendo la catena. Il mulo s'impennò quasi.
— Piano, piano: vuoi proprio fare il Garibaldi? E dopo una pausa:
Anche lui chi sa dov'è, poveraccio!
L'accento di quest'ultima frase era così buono che Garibaldi commosso gli tese la mano.