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che la vita e la storia distribuiscono al resto degli uomini?
Ma a traverso tutte queste domande in lui ancora troppo torbide un'idea si faceva largo e splendeva.
Un prete doveva salvare Garibaldi.
Egli voleva essere quel prete.
Era tempo.
Da molti secoli Roma difendeva cogli anatemi i propri privilegi politici, ma perdonando fatalmente appena fossero del tutto perduti. Esenzioni dalle imposte, decime, immunità, gradi, uffici, tutte le forme politiche del cattolicismo nel medio evo erano state abbandonate da Roma dopo la più accanita difesa senza che coloro stessi, che li oppugnavano, credessero di uscire dal cattolicismo. E Roma non aveva osato ostinarsi nella contraria teorica. Invincibile nelle polemiche, aveva sempre creduto alle resistenze popolari contro i suoi privilegi mondani. Le discussioni filosofiche presto o tardi andavano a percuotere in un dogma incrollabile sfracellandovisi, e Roma allora le designava al mondo con una condanna: l'opposizione muta e sorda del popolo contro le sue esorbitanze di regno o i suoi eccessi di dottrine tendenti a pareggiare nella necessità della salvezza i precetti disciplinari ai dogmi fondamentali, l'avevano sempre costretta a rientrare lentamente in sè medesima.