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secuzioni.
Questa sintesi del suo cuore era stata più larga ed efficace della sintesi intellettuale di Mazzini per la rivoluzione.
Garibaldi solo in quel momento era tutta la rivoluzione: guai se fosse morto!
A questo pensiero, che lo tormentava notte e giorno, Don Giovanni si sentiva letteralmente morire. L'inerzia, nella quale si era per eccesso di chiaroveggenza condannato durante il periodo rivoluzionario, gli aveva prodotto nell'anima una specie di sdegno contro sè medesimo che l'azione solamente avrebbe potuto calmare. L'agonia d'Italia gli diventava rimprovero alla calma della sua vita di cacciatore e di prete. Bisognava pur soffrire e morire in un'ora che Dio aveva concesso alla morte. A Napoli, a Roma, a Venezia, a Milano, dappertutto si moriva: gli ultimi tiranni trucidavano i nuovi martiri; framezzo a un popolo per troppa miseria ignaro ed ignavo drappelli di generosi morivano baldamente, gettandogli per ultimo grido una parola di rivolta e di amore.
Garibaldi errava solo per la foresta di Ravenna; così gli avevano scritto vecchi congiurati. Bisognava quindi salvarlo, adesso che Roma da lui difesa sorrideva agli stranieri invasori e Venezia si arrendeva, e il Piemonte per conservare la larva del proprio statuto sotto le minaccie dell'Austria mutav