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a libertà della sua minima ed antica repubblica, le supreme reliquie dell'esercito, col quale aveva sognato di sollevare l'Italia. I tempi non erano maturi: d'altri dolori e di più profondi studi aveva d'uopo l'Italia per risorgere.
Egli riservato a quel giorno doveva restar solo e sparire.
Quindi senza un lamento congeda il drappello degli ultimi che l'avevano seguito. Napoleone aveva singhiozzato a Fontainebleau stringendo la mano al generale della sua vecchia guardia, e sublime egoista le aveva gridato: Scriverò nell'esilio quanto operammo insieme! Garibaldi moralmente più grande si perde nella sventura d'Italia e non ha un solo motto d'orgoglio dopo tanti eroismi. Al momento di sbandarsi generale e soldati, egualmente profughi e cercati a morte, dimenticano ogni gerarchia di merito e di ufficio per stringersi semplicemente la mano, forse per l'ultima volta, e si separano.
Egli volle restar solo.
L'epopea si muta in romanzo. La ritirata è finita, il pellegrinaggio incomincia. Invano gli consigliano di radersi la barba e di mutare abito, giacchè la sua fisonomia e il suo abbigliamento reso popolare dai ritratti è nella coscienza di tutti. Egli nega, non sa dirne la ragione, ma nega. Tale prudente menzogna del viso e delle vesti