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I tempi parevano dar ragione al papa. Il cattolicismo sorretto dall'ultima reazione della Santa Alleanza si disponeva a riconquistare Roma abbandonata dalla viltà di Pio IX, mentre la libertà proclamata dall'ottantanove a traverso un'immensa carneficina, e quasi soffocata sotto i disastri del primo Napoleone, stava per essere uccisa. I popoli non avevano in cinquant'anni potuto intenderla. I piccoli re d'Italia accodati agli eserciti invasori, come valletti a saccomanni, servivano gli schiavi che venivano a ristabilirli padroni, intanto che il pontefice, re più abbietto di loro, infangando la propria eterna religione nella politica di un'ultima ora di regno, confermava tutte le menzogne assolvendo tutte le stragi.

Garibaldi e Mazzini soli resistevano.

La rivoluzione dell'ottantanove si riassumeva in loro, Garibaldi ne era il soldato, Mazzini l'apostolo; e poichè la rivoluzione era mondiale, la sua ultima battaglia si combatteva naturalmente a Roma. Tutta l'Europa feudale era discesa sotto le sue mura; perfino la Francia, agonizzante nell'agonia di una falsa repubblica che doveva produrre un più falso impero, mandava i proprii soldati a mutare quell'assassinio in fratricidio.

Tutto sembrava perduto.

Se l'Italia fosse insorta nella rivoluzione e sopraffatta