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QUARTO. | 111 |
vien poltrone, & dismentichi qualche parte di quel che ss, tantosto per alcuni giorni parimente ogni dì, o più o meno di un’hora, secondo che può resistere, cavalcarlo con gli ordini che vi ho detto, sollevandolo da quella cosa, che egli erra. Et vi fo intendere, che ogni Cavallo, non preterendo gia quelle regole, che, minutamente vi ho ragionato, in quattro, over in sei mesi al più sara instrutto in tutte l’opere che vi ho dette, & in quanto è possibile far per lui. Niente dimeno vi avvertisico, che sono molti Cavalli di qualche razza, che sono tardi, et fin che haveranno appareggiata la bocca, over fin tanto che siano piene, & egualate le sue fattioni a quella età di cinque, o di sei anni, benche intendano, & sappiano tutti gli ordini, non dimostreranno ne forza, ne valore, ne compitamente la virtu loro. Et perche forse potrebbe essere alcun curioso di voler supere qual sara la dispositione, & qual sarà la età del Cavallo più conveniente al combattere, & alla battaglia; dico, che a questo effetto, quanto più è grande, tã an an to è meglio; che di ogni specie di animale, fuor che l’huomo, il picciolo sempre teme il più grande di lui. Et da i sei anni insino a i quindici egli generalmente sara perfetto in ogni cosa; & se è ben governato, & con travagliarsi modestamente, & senza oppressioni di ferite, & di spesse infamità, egli sara sempre vinto nel buon esser suo insino a i vent’anni; & a nostro proposito vi potrei addurre molti esempi, ma per non fastidirvi ne dirò solo questi.
Essando il Re Carlo Ottavo con cinquecento Cavalieri, per andarsene d’Italia, se gli pose incontra l’esercito del Duca di Milano, il quale era unito co’ Venetiani, & con Ferrara, & Mantoa; & fin che non fu giunto a Furnovo, nõ on on intese che i nimici erano gagliardi più di lui, che havevano mille, & cinquecento lance: &, non ostante questo, il Re, confidandosi nel giudicio, & nel valore de suoi Cavalieri, & del Signor Giovan Giacomo Trivulzi gentil’huomo di Milano, suo generale, quantunque tutti gli dicessero, che gli harebbono dato luogo, & via da salvare la persona siua; volse il giorno appresso far la giornata; & ponendosi sopra un caval morello Villan di Spagna, il quale era non solo cieco di un’occhio, ma havea ventiquattro anni, mandando prima i carriaggi avanti, contra i quali gran parte dell’essercito Italiano, con disordine grande, si diede al guadagno, incominciò la battaglia si valorosamẽ en en te, che seguendo il suo viaggio sforzò i nimici, de’ quali si trovarono fra morti, & presi diecisette conduttieri, principalissami di quello essercito: & tal possanza & animo dimostrò il Cavallo, che il Re molte volte disse che da lui nacque la cagione della vittoria sua: il qual Cavallo essendo giunto nella città di Molina, oltre che fosse diligentemente fin che visse governato, senza più travagliarsi, dapoi che morì, fu per ordine di Madama di Borbona, sorella del Be, onorevolmente sepelito.
Ancora quando il Gran Capitano venne all’impresa del Regno, trovandosi a campo nella Cerignola, accade che essendo il Vice Re di Francia con molti baroni all’incontro dell’essercito di Spagna, il dì seguente volendosi combatte-