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TERZO. 89

con gridi altissimi, ora mancando, & ora crescendo di voce, a tempo a tempo, secondo che si accorgerà, che gli cresce piu, & meno la fantasia di colcarsi, cõ on on gesti orrendi lo mirerà sempre nel viso, accioche se gli faccia soggetto; perche all’ultimo ne haverà si gran paura, che si toglierà da quel pensiero di calarsi giu; & mirando egli ancora con infinito timore agli occhi di colui, stara saldo, & solo intento alla volontà del Cavaliero che gli è di sopra, il quale allora fin che se gli fara questo, bisognerà tacere, senza far motivo alcuno: & dapoi lo farete trottare a i torni, & in essi ponendo alcuni huomini che facciano pure il simile, egli si troverà corretto. & se pur si pone in terra, ivi forzatamente per un spatio lo farete tenere al suo dispetto, crudelmente castigandolo & di voci, & di gran botte fra le orecchie, & nella testa, et dovunque si può, ma se non si corregge, la colpa sarà del Cavaliero, che gli sta all’incontro, & de gli altri che gli sono a cerchio nei torni, che non haveranno a niun motivo della lor persona ne ten en po, ne modo terribile a correggere. Et questi tali potrebbono usare un baston lũ un un go da dieci palmi, & nel capo di essa legare un fascio acceso di paglia, et stoppa, & subito che il Cavallo si colcherà, o fara vista di colcarsi, gli poneranno quello di sotto la bocca, perche havra non solo spavento della fiamma che si vede inã an an zi agli occhi, ma del fumo che gli entra nelle narici, & del fuoco che gli cuoce il mostaccio, et la testa. Questo castigo pur si potrebbe far da dietro ad un Cavallo restio, ora alle gã an an be, ora ai garretti, & ora disotto sia le coscie, & a i testicoli, ten en tatamete quã an an to gli basta in dargli terrore, et nõ on on lo offenda. Ancora quã an an do il Cavallo si colca, potrebbe andargli da ogni lato a paro a lui una persona col suo sguizzatoro nelle mani pieno di acqua, & al tempo che egli si colca, o pen en sa, o fa motivo di volersi colcare, tã an an tosto gli scaricherano quell’acqua ne gli occhi; il che pur giova nella creden en za, però facen en dosi all’occhio della parte cõ on on traria di essa: et così totalmete in ciascũ un un di questi modi, rare volte sara che nõ on on se gli tolga il suo vil costume da ogni cavalcatore, ben en che fosse di poco valere: dichiarã an an dovi che un Cavaliero di buona disciplina nõ on on si prevalerà mai di queste cose, perche stfara l’effetto sen en za di essa cõ on on la sua propria virtu, et in diverse maniere.

[Quã an an do si corca al varcar d’un’acqua.]Ancora ho da dire, che sono molti Cavalli, che liberamente caminano, et nõ on on sono restij, ne anco si buttano in terra, nondimeno al passar dell’acqua, quantunque sia grande il fiume, non solo non vogliono andare, ma si lasciano cadere, & in essa si colcano: & non è dubio che nascano sotto il segno di Leone, il qual segno ha il dominio del fuoco; però non tutti quelli che sono produtti sotto questo influsso hanno tal difetto. & taccia chi dice, che si conosca nel collo al segno del remolino: perche non è vero: ne meno si può conoscere certo al mutar de i denti, ma solo a quel che si uede quando si butta nell’acqua. In tal vitio non è rimedio maggior di questi che ora dirò. Farete cavalcarlo da un servitlore, et vadano da tre huomini appresso, & fate che egli entri nel fiume, & come si colca, tã an an to colui che sta di silpra, come tutti gli altri che gli vengono appresso,