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pensano, nè giudicano morire, quando rimangono a loro figliuoli, nè nello animo loro della loro umanità stimano essere abbandonati, quando con una umanità la parte sua lassano ai loro figliuoli. Per le quali cose, se tanto amore de’ padri è nelli figliuoli, che niuno maggiore nelli uomini mortali si possa pensare, se tanta speranza è nella loro vita, nella morte la vera volontà, e ancora dopo la presente vita la memoria, manifesto appare, per li meriti delli maggiori antecessori la Patria essere tenuta ai loro figliuoli, e per la grazia de’ padri, quelli onorare e amare, e ancora quelli beneficii mostrare, e esercitare ne’ figliuoli, i quali non perfettamente possette (1) esercitare ne’ padri.

La conclusione di Cornelio della nobilità.

È adunque somma generazione di nobiltà potere narrare gli egregi fatti di suoi maggiori; potere domandare pubblici onori, per li beneficii di quelli; potersi gloriare alla Repubblica di vendicare onore per ereditaria ragione; potere ancora loro medesimi parte de’ corpi de’ loro padri chiamarsi, e le clarissime immagini de’ lor padri ne’ loro volti mostrare: questa ragionevolmente tutti chiamano nobilità. Quali ancora dice il Popolo nobile, se non coloro i quali da nobilissimi padri sono stati generati? Or non ancora gli ammaestrati in lettere chiamano i nobili generosi, cioè simili a’ genitori suoi, quasi come per quelli sia nobiltà?

Un altro argomento di Publio Cornelio Scipione, che nobiltà sia per ricchezze.

Ancora questa nobiltà della generazione è adornata dalla abbondanza delle ricchezze, per le quali ricchezze le famiglie, e' domestichi in apparenza più floridamente appaiono, e le amicizie di fuori con salutevole sollecitudine si conservano, siccome con gli amici, co’ cognati, e con gli altri strani, i

(1) Possette, V. A. oggi Potè.